La beffa di Massa a Insigne, 12 milioni buttati nel canestro, Bergomi con le farfalle in pancia e il movimento di Mario Giggs

Zero alla corrente filosofica a priori. Che basano le loro conoscenze sul verbale della partita, che si fermano al cancello delle domande. Quelli che giudicano un libro dalla copertina, che non affondano nelle viscere dell’argomento. Inter-Napoli è una partita che i Blues hanno dominato: tatticamente, tecnicamente, anche emotivamente per lunghi periodi. Il risultato è più bugiardo di Luciano la cui identità Eriberto è stata messa in dubbio.

Un insulto, il “Vai di merda” che Insigne lancia con rabbia. La domanda è semplice: Bonucci al posto di Lorenzo sarebbe stato espulso? O Ibrahimovic? Quante volte Massa si è voltato dall’altra parte? Come può una regola essere così discrezionale? Massa ha prestato attenzione oggi, ma quante volte il colore della maglia incide sulla soglia dell’attenzione? E gli insulti pronunciati in una lingua straniera? Buon senso, Massa. Il Goodsense. Quello mai utilizzato per tutto il corso della gara.

Due giocatori sarebbero stati espulsi all’Inter. Massa insulta Insigne, capitano del Napoli, non rispettando le regole. Non avvisare Brozovic che ha portato a casa la maglia di Zielinski nel primo tempo, poi riservato nella ripresa. Sarebbe uscito. Gratitudine Consiglio dei ministri che travolge, già ammonito, Lozano. Sarebbe uscito. A questo punto, c’è una persistente riluttanza a pescare certe carte. Ha pagato Lorenzo, pensa che Massa pagherà per i ripetuti insulti alle regole?

Tre punti nel nulla cosmico. Conte si tira indietro come un rasoio quando gli dicono che la sua Inter non sta giocando, quando dovrebbe solo chinare la testa. Dodici milioni di stipendi buttati nel canestro, per vedere una squadra incapace di tirar fuori anche una trama di gioco pessima. Osceno nel gioco e nelle solite dichiarazioni petulanti.

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Quattro da scegliere per affidare la telecronaca a Beppe Bergomi, non in questo 2020. Non ce lo meritiamo in Inter-Napoli con lo zio che ha le farfalle nello stomaco ogni (rara) volta che i nerazzurri attraversano metà campo. Si chiama opportunità, rispetto, convenienza. Altrimenti Sky finalmente esce e si dichiara TV proporzionale: scelte fatte in base alla percentuale di iscritti che ogni squadra ha. È come dare a Greta Thunberg il commento su una sfida di cucina tra McDonald’s e una catena vegana.

Cinque in un campionato che rasenta il ridicolo. Nella gestione, nella comunicazione, nei commenti. Perché c’è qualcuno che ha trovato il coraggio di assegnare il rigore alla Juve in tuffo Chiesa, che era stato colpito circa cinque minuti prima e poi si ricordava di essere caduto. C’è anche chi ha scritto che si trattava di una sanzione. C’è, ancora più grave, chi in una stanza VAR con il monitor davanti non ha avuto lamentele. Lo spettacolo deve continuare, ma ad ogni episodio si perde credibilità.

A sei metri dalla porta, Koulibaly si chiuse. Ospina si getta a capofitto su Darmian, come rappresaglia per la fatale esitazione di Meret contro la Sampdoria. Il calcio è strano, il destino è famelico: cosparge di sale ogni piccola ferita. Che tu sia pauroso o coraggioso, quando vuole picchiarti lo stesso. Che amarezza.

Sette alla coppia Manolas-Koulibaly. Azzerato Lukaku, che riceve da Massa l’unico pallone giocabile, posizionato sul dischetto. Gli impianti azzurri erano potenti, unendo fisicità e tecnica, anticipazione e controllo. Una delle migliori prestazioni combinate dalla premiata azienda K: Kostas e Koulibaly.

Otto a Mario Rui che interpreta Ryan Giggs. La mossa di Gattuso imballa l’Inter, distrugge in un sol colpo il sistema (base) di Conte con Insigne in testa da mancino e Barella che chiude come Speroni con il 5-5-5 di Canà: non ci capisce niente. Rino meritava di guadagnarselo, più di chiunque altro. Perché l’ha preparato meglio, ha saputo ripensare il Napoli anche quando il destino gli ha voltato le spalle con il ko di Mertens. Conte è rimasto all’angolo, prendendo un colpo come un pugile che affronta Ali e spera solo di arrivare al campanello senza cadere. Ben fatto Growl.

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Nove a Ciro in lacrime. Ciò che fa male, fa più male degli altri. Un dolore condiviso, un presagio di infelicità, poi puntualmente si è buttato anche sull’esito del match. Sangue che non si scioglie, lacrime che bruciano al contrario sul volto di Dries, lo sfortunato protagonista di San Siro. Questa immagine, così cruda, ci ricorda quanto Napoli ami questo ragazzo. Il suo fidanzato. Quello che ride così tanto che, vedendolo piangere, quasi non ci credete. Mertens tornerà presto. Ne abbiamo davvero bisogno. In tutte le direzioni.

Dieci uomini e non sentirli. Massa insegue Insigne e il Napoli gonfia il petto. Diventa il padrone assoluto, schiacciando l’Inter come se fosse un ridicolo ostacolo sulla tua strada. Crea, con Lozano che è inespugnabile, con Petagna che ha le spalle larghe e tanta sfortuna con la pole in Finale. È l’atto di forza di una squadra che magari non torna da San Siro a punti in classifica, ma con accresciuta consapevolezza. Una percezione ancora più definita della loro forza: se l’Inter può lottare per lo scudetto, il Napoli può farlo ancora di più.

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