Il film “Lubo” di Giorgio Diritti, presentato in concorso alla 80ª edizione del Festival del Cinema di Venezia, si distingue dalle precedenti opere del regista. La trama segue la fuga di Lubo Moser, un jenisch o zingaro bianco, chiamato a difendere il confine svizzero nel 1939. Abbandonando la sua famiglia, Lubo scopre con orrore che sua moglie è stata uccisa dai gendarmi e i suoi figli sono stati strappati via, sottoposti a un programma di pulizia etnica noto come Kinder der Landstrasse.
Determinato a ritrovare i suoi figli, Lubo si adentra nella società dell’alta borghesia di Zurigo, Bellinzona e Verbania, arricchendosi nel frattempo per riuscire nel suo intento. Nel ruolo di benefattore di istituti scolastici privati, cerca indizi sulla sorte dei suoi cari. Il tema dello scambio di identità riveste un ruolo centrale nell’economia del film, mentre la ricerca dei figli da parte di Lubo assume una posizione quasi secondaria.
Sebbene il finale del film sia affrettato, emergono dettagli sulla pulizia etnica perpetrata dalla Svizzera tra gli anni ’30 e il 1972. Circa 2000 bambini jenisch furono separati dalle loro famiglie. Il film, sebbene con un approccio meno efficace, affronta questo dato storico, svelando episodi tragici di fuga, violenza e pedofilia.
Il film “Lubo” offre uno sguardo intenso su una pagina oscura della storia svizzera e mette in luce le sofferenze indescrivibili subite dai gruppi etnici minoritari durante quel periodo. Con un approccio narrativo coinvolgente, Giorgio Diritti riesce a toccare i cuori degli spettatori, suscitando emozioni contrastanti di compassione e indignazione. La performance degli attori è altrettanto convincente, trasmettendo con intensità le emozioni dei personaggi e la loro lotta per la giustizia e la rinascita.
“Lubo” è un film che non lascia indifferenti, ponendo l’accento sulle ingiustizie storiche e invitando a riflettere sulle conseguenze a lungo termine delle politiche discriminatorie. La sua presentazione al Festival di Venezia ha permesso di portare alla luce una storia sconosciuta, promuovendo la consapevolezza e il dibattito sulla memoria collettiva.
Grazie alla regia impeccabile di Giorgio Diritti e alla sua capacità di trasportare il pubblico in un viaggio emotivo, “Lubo” si conferma come un’opera cinematografica di grande valore artistico e sociale.
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