LA (NON) RIVOLUZIONE DI PRANDELLI

Li avevamo due settimane complicate per la Fiorentina non ha senso negarlo. Primo, l’esonero di Iachini con il ritorno di Prandelli. Quindi la bolla fuoriesce Ribelli nazionali. E ancora lì L’esplosione di Commisso che ha alzato il tono pochi giorni dopo il rientro in campo. Nel frattempo, la squadra si è allenata con un obiettivo, mettendosi alle spalle un inizio incerto e rilanciando un anno che è stato e può essere un punto di svolta per il club viola.

Prandelli ha portato entusiasmo“, ha detto ieri il capitano Pezzella, pronto a tornare in campo dopo tante settimane complicate. Un messaggio che porta l’anima degli spogliatoi come in dote. Il nuovo tecnico seppe subito trovare gli accordi giusti sfruttando i colloqui personali con i senatori rimasti a Firenze. Ha parlato a lungo con Ribéry, è rimasto colpito dall’umanità del nuovo allenatore e anche dalla sua grande conoscenza del gruppo ancor prima di prenderlo in mano. Ha parlato ovviamente con Pezzella, ma anche con Bonaventura, Callejon e Biraghi. Dalla loro esperienza e dal carattere di questi giocatori, Prandelli vuole ricominciare.

Ha chiesto a tutti cosa ne pensassero dei moduli ma anche dell’attitudine in campo che mancava nei momenti chiave di inizio stagione. Ad esempio nel 2-2 contro lo Spezia. O nella sconfitta contro la Roma. Ha riportato pace e chiarezza dopo la confusione dell’ultimo periodo e nonostante un po ‘di fastidio dovuto alla partenza dei giocatori che hanno deciso di lasciare Firenze per le rispettive Nazionali a dispetto dell’ASL, non ha certo pianto su se stesso e ha ha iniziato ad attirare la Fiorentina a venire.

Difesa a 4. Innanzitutto. Poi un centrocampista che può migliorare le caratteristiche di Amrabat. E l’ennesimo attacco che libera Ribéry da ogni dribbling, per avvicinarlo al gol e renderlo decisivo. Tanti piccoli movimenti per iniziare con il piede giusto. Non mi viene in mente una rivoluzione, ma un “riorganizzatoCondiviso anche con gli spogliatoi. Il Benevento è subito un ottimo banco di prova. Pensare di essere “l’avversario giusto” sarebbe un errore. Il primo passo non è mai facile e anche battere l’Inzaghi significherebbe molto ripartire senza esitazione.

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