Balotelli che torna in Nazionale è l’emblema del tracollo azzurro: il calcio italiano non è più in grado di produrre attaccanti di primo livello

Ti ricordi quando tre o quattro mesi fa stampa specializzata ha gridato per la chiamata alla nazionale di Lorenzo Lucca, un talento nato nel 2000 a Pisa, autore di un clamoroso inizio di stagione in Serie B, possibile arma segreta per mancini spezzare velocemente l’offensiva e portare l’Italia verso Coppa del Mondo? O le capriole fatte da Federcalcio naturalizzare a tempo di record Gioa pedro? Sembra ora che in vista degli sbarramenti di marzo contro Macedonia e Portogallo, l’allenatore ha persino deciso di richiamare Mario Balotelli, che nel frattempo ha iniziato a suonare più o meno seriamente in tacchino, con carneadi diAdana Demirspor. Ecco, il giovane Lucca, il brasiliano Joao Pedro e il vecchio Balotelli sono i volti diversi della stessa stanza: il disperazione di Mancini e il crollo tecnico dell’Italia, che il trionfo di europei si è semplicemente nascosto, come polvere sotto il tappeto.

A volte ritornano. Lo diciamo in questi casi, anche se sarà solo a metà, e poco convincente. Manca Balotelli nazionale da più di tre anni (l’ultima volta a settembre 2018: 1-1 in Nations League contro Polonia, fu l’inizio balbettante dell’era Mancini), e se il indiscrezioni sarà confermato (oggi il listino), per vestire la maglia azzurra bisognerà aspettare ancora qualche mese: è solo un incontro senza partite ufficiali, uno stage voluto da Mancini e aggiunto in gara da Fichi dopo che si è materializzato spettro delle qualificazioni mondiali, che terrorizza i vertici del calcio italiano. Quindi più che altro un’occasione di incontro, di riorganizzazione, magari con liste “allargate” per conoscere nuovi nomi o vecchie conoscenze fuori dal comune. Come Super Mario. Ma è fantastico ritornare a (che non è tanto grande) non è tanto il risultato dei suoi meriti, ma dei suoi demerito altri.

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Purtroppo, non stiamo assistendo alla rinascita di più grande talento italiano dell’ultimo decennio, perso tra scatti d’ira e lesioni fisiche. Balotelli, che non va in doppia cifra dal 2017/2018 (18 gol con Nizza in Ligue 1), arriva da due stagioni indimenticabili in provincia (5 gol per Brescia, 6 del mattino Monza anche in serie B), ed era considerato quasi un ex calciatore. Ora ne ha trovati alcuni continuità (8 gol in 19 presenze) in Turchia. Un campionato di terza divisione dove chi andava a giocare fino a ieri non si è nemmeno fatto fregare considerazione per la Nazionale, ancor meno con queste cifre “normali”: per fare un paragone, Stefano Okaka finora ha segnato 9 gol; Cornelio, ex Parma e Atalanta, è il capocannoniere a 11 anni.

Se nel 2022 si parla ancora di Balotelli è perché il nazionale è davvero ridotto al minimo in attacco. Nessuno vuole minimizzare o negare l’emozione di Euro 2021, ma in qualche modo era un colossale bugia, nel senso che il calcio italiano oggi non è al vertice in Europa e dove conta, cioè in attacco, non produce talenti da anni. Certo che c’è Cirò Immobile, campione d’Europa, scarpa d’oro, più volte capocannoniere della campionato: dovrebbe bastare se non fosse per il fatto che in nazionale segna poco e gioca male, perché la manovra di Mancini non gli si addice tanto, ma forse anche perché il suo vero dimensione è la Lazio (una squadra italiana di fascia media) e non la grande nazionale. Dietro di lui, quindi, niente. Belotti precipitata negli infortuni e nel difficile rinnovo contrattuale con Torino. Crescono a Sassuolo Scamacca e interruttori, ma non sembrano ancora pronti, figuriamoci i famigerati Lucca, che dopo essere stato accostato prematuramente alla nazionale da cui è del tutto scomparso radar (Non ha segnato un gol in-game da fine settembre). Il panorama è scuro se vengono chiamate le soluzioni Gioa pedro, A destra e Gabbiadini, colui che come a psicodrammi Coppa del Mondo ha già dato.

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Qui Mancini può anche ripensare Balotelli, per un rapporto viscerale che lo legaattaccante, un pizzico di fortuna che lo accompagna da sempre o forse solo per Facile disperazione. E poi, se dopo una carriera sprecata e pochi bastardi sofferto in blu (come quando in Brasile 2014 è stato licenziato da senatori come capro espiatorio del loro fallimento), era suo Super Mario allenarsi per la Coppa del Mondo e avere un’ultima possibilità per farlo giocatore, sarebbe anche una grande storia di calcio. Non buone notizie, tuttavia, per il calcio italiano.

Twitter: @lVendemiale

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