Precisione insopportabile del Var. Siamo la filosofia. All’idea del Bene (Var) come sapere. Utilizzando Bon – Var (come la perfezione tecnologica) otteniamo la massima conoscenza. Usando questo, anche le cose “buone” (equità del risultato) diventano “utili” e “benefiche”. Tuttavia, se ricordo i miei studi universitari, Platone pensava che il termine “buono” fosse troppo vago per sopportare il “peso” della realtà. E così in “Repubblica” approfondisce il concetto, introducendo quello di “dimensione” del sapere umano.
Non ci metto molto: gli arbitri italiani non hanno i dubbi di Platone. Soprattutto sul protocollo del fuorigioco. Una regola che penalizza lo spettacolo.
Chiedo un’opinione agli ex arbitri che scrivono e commentano, Casarins e Marellis: che vantaggio hanno ottenuto Haraslin (Roma – Sassuolo) e Pereira (Spezia – Lazio)? Obiettivi preziosi annullati da un protocollo applicato con criteri petulanti. Il pubblico (al ritorno) e gli spettatori (a casa davanti allo schermo televisivo) pagano per vedere i capolavori di Haraslin. Non per i “congressi” che si svolgono ogni settimana nei campi italiani. C’è questa abitudine italica di andare al Var con una frequenza sconosciuta in altri campionati. Non contesto il Var: sfido la sua candidatura. Proprio come i lamenti rigorosi della scorsa stagione erano indigesti, così sono le battute di questa stagione per stabilire se un mezzo piede è da questa parte o dall’altra parte della linea. È un protocollo che garantisce i difensori. E questo punisce chi attacca. Un protocollo che va contro lo spirito del gioco, cioè basato sugli obiettivi: sulla gioia (o disperazione) che un gol produce in giocatori e tifosi. Il Var ha annullato questa emozione: oggi dopo un gol gli applausi sono imprudenti. Devono prima completare i lavori della “cassazione” che sospende l’offerta.
Brutto derby, ma sanguinoso. Juve brutta ma con una rabbia competitiva maggiore di quella del Toro. Finale di Miss Marple: secondo tradizione.
Ora, la trasferta di Champions League potrebbe segnare una linea di demarcazione. Quasi impossibile conquistare il primo posto nel girone. Ma una vittoria a Barcellona (dopo il sorpasso – in partita – subito all’andata) aumenterebbe l’autostima. Titanic Company. Ma sarà Messi contro Ronaldo: non ci saranno solo tre punti in palio.
Trovo difficile commentare la vicenda Perugia. Questo falso interrogatorio di Suarez che ha portato la Procura a rilasciare un avviso di garanzia per false comunicazioni a Fabio Paratici. Paratici si è detto calmo, spiegando che lo rifarebbe. Non mi piacciono i casi giudiziari sui giornali. Le notizie devono essere date. Ma le congetture sulle notizie dovrebbero essere evitate. Questa storia (dove, peraltro, sembra che la Juventus fosse interessata a Suarez) abbozza un mondo senza scrupoli, quello dell’Università degli Studi di Perugia. Non mi importa che il “milionario” Suarez abbia ricevuto un trattamento speciale. Chi si arrabbia è un ipocrita: il mondo funziona così. Mi sconvolge piuttosto il fatto di essere tra i pochi ad essere indignato, al momento, per la mancata concessione della cittadinanza (e dopo aver trionfato in fondo, la relativa mancata registrazione presso il superiore) di un Squadra giovanile di basket del sud, composta da bambini immigrati e che non soddisfa i requisiti legali. Penalizzato dalla Fip e dal governo italiano. Sono indignato per il fatto che agli atleti di origine africana che giocano nelle squadre nazionali venga detto “non sono italiani”. E che le loro storie, dopo poco tempo, scompaiano dai titoli dei giornali. Mi fa arrabbiare.
Rimango invece stupito dalle parole di Aurelio De Laurentiis che, durante l’inaugurazione della stazione metro di Napoli, intitolata a Diego Armando Maradona, ha spiegato (nella solita intervista torrenziale) che aveva presentato ricorso (per assenza di contenzioso Juventus – Napoli) al Collegio Garante di Cuneo. E aspettare una decisione di “buon senso”. Oltre a “In punta di legge”. Scegli il “buon senso”. Confermo: vorrei vedere questa partita giocata. Non mi piacciono le vittorie al tavolo. Ma per quanto riguarda la “destra”, noi non ci siamo. E non perché io lo sostenga. Ad appoggiarlo è stato il giudice Sandulli: “Dolo preordinato”. Dolo, dal latino dolus: frode, inganno, intento criminale, volontà diretta di commettere un crimine. Preordinato: pianificato, preparato, predeterminato, predeterminato per uno scopo. Il vocabolario è Fernando Palazzi, pubblicato nel 1956: quello della mia stagione studentesca. Da allora il significato di alcune parole è cambiato? Chissà.
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Andrea Bosco, ha lavorato a “Guerin Sportivo”, “Gazzetta dello Sport”, “Corriere d’Informazione”, riviste Rizzoli, “Giornale”, Rai e Corriere della Sera. Nelle ultime settimane è anche nelle librerie italiane e nei negozi online con il suo ultimo libro “L’angelo dalla faccia sporca”, dedicato a El Cabezon Omar Sivori ed edito da Minerva Edizioni, con una prefazione di Italo Cucci e un postfazione di Gino Stacchini
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“Cade molto. Piantagrane. Creatore totale. Appassionato di caffè. Pioniere orgoglioso del bacon.”
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