Festival di Sanremo, la rivolta dello spettacolo

Tutti i teatri italiani devono rimanere chiusi al pubblico, dalla Scala alle sale parrocchiali. Prosa chiusa, opera chiusa, balletto chiuso, concerti classici e jazz e pop chiusi, cinema chiusi. Tutto chiuso tranne, a quanto pare, l’Ariston, perché sappiamo che senza il Festival di Sanremo non c’è salvezza, e insomma per chi decide che l’Italia è ferma e sempre sinonimo di canzone, cuore e amore, ecc. Amadeus l’ha ripetuto qualche giorno fa: farà di tutto per far incontrare Sanremo al pubblico, magari su e giù per la nave ancorata al largo, gli equipaggi di crociera, la riserva di applausi tamponati.

Tra quelli che fanno teatro e tra quelli che vanno a teatro, la rabbia cresce da giorni. Anche perché la prima delle due categorie si divide tra i protetti, gli assunzioni di fondazioni e palazzi, che prendono i licenziamenti, ei liberi professionisti, che vivono di mille euro governativi al mese, se e quando arrivano, e cosa no. non è che tutte le stelle con enormi fortune. Così ieri l’indignazione generale è esplosa con le parole di Emma Dante, grande regista di prosa e opera, che ha scritto su Facebook quello che pensano tutti: “Se decidi di fare Sanremo con il pubblico, riapriranno teatri e cinema. È pacifico ”, e anche abbastanza ovvio: almeno nei momenti di difficoltà vale la parità di condizioni. Apri il paradiso. I social media hanno elogiato il rilascio di Dante e sono arrivate immediatamente altre dichiarazioni. Ad esempio quello di Manuela Kustermann, attrice e regista di Vascello di Roma: “Se il Festival di Sanremo apre al pubblico, mobilitiamoci, scendiamo in piazza. Ci sentiamo mortificati, dimenticati. Si parla di turismo, mai di cultura, mai di teatro. Peccato che da mesi il ministro Franceschini sia latitante, non dica niente, non si esponga ”. In effetti, il Mibact sembra essere evaporato, ad eccezione della nebulosa idea di “Cultura Netflix” che non convince nessuno e prosciugherà più risorse sull’unico teatro che conta davvero: quello che si fa a teatro. , di fronte al pubblico, in carne e ossa, lacrime e risate.

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E non sono le solite élite snob a dire che vedere l’Ariston aperto e la Scala chiusa sarebbe una disgrazia planetaria. Renzo Arbore, campione nazionale popolare, è molto chiaro: “Il Festival deve fare di necessità virtù. Non puoi avere un vero pubblico, ma puoi avere degli extra. Basterà questo ad Amadeus e Fiorello che sono bravissimi e possono ancora inventare qualcosa di adatto a suonare. Non si può ignorarlo: gli spettatori sanno benissimo che teatri e cinema sono ancora chiusi e che è un Festival nato da una pandemia ”. E Al Bano, qualcuno che è a Sanremo come la Nutella con il pane? È addirittura favorevole al rinvio: se deve diventare “una festa a metà strada”, si chiede, allora “non sarebbe meglio aspettare tempi migliori?” Quanto a Iva Zanicchi, altra Dop di Sanremo, dice che “non si può avere un Festival di Sanremo senza il pubblico e il suo calore. Sarebbe molto triste.

Intanto le case discografiche chiedono alla Rai di consegnare “un serio protocollo sanitario su Sanremo, che dovrebbe essere approvato dal Cts”, con largo anticipo, mentre gli immancabili Codacons si dicono pronti a chiedere il blocco del Festival. e per contestare qualsiasi atto che autorizzi. Martedì la Commissione di Vigilanza Rai ha convocato il direttore di Raiuno Stefano Coletta per capire cosa intende fare la rete di punta, e forse anche come. Resta l’impressione di una politica che confonde cultura e circo (la sfortunata espressione di Conte sugli artisti “che ci divertono”), quindi lo spettacolo può anche morire ma la pacanzone di tria. Inoltre, parlando di festival di musica pop, ieri la notizia che Glastonbury verrà saltata a causa di Covid, e per il secondo anno consecutivo. Cambiare l’ordine delle arti non cambia il risultato: Variety scrive che molto probabilmente il festival di Cannes non si terrà più a maggio ma a luglio. Se va bene.

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