La sposa, la fiction con Serena Rossi fa il bottom di share e generi polemiche furibonde. Spirlì: “Fa ca*are”, Ciambetti: “Falso storico”

IN La sposala nuova serie tv di Serena Rossiè riuscito un piccolo capolavoro mediatico: conquistare ascolti clamorosi (anche en streaming) e contemporaneamente catalizzare una quantità di polemiche sia sul fronte politico che geografico come non se ne vedevano da tempo. Piccola doverosa promessa: la fiction di Rai1, che domenica scorsa ha debuttato con quasi 6 milioni di spettatori e oltre il 26% di share, è ambientata nell’Italia della fine degli anni ’60, tra grandi cambiamenti del costume e della politica, lotte dei braccianti nelle campaign e il ruolo delle donne schiacciato tra emancipazione, parità di genere e una pratica all’epoca ancora molto diffusion come quella dei matrimoni per appalto. “Giovani donne del Sud vennero date in spose a uomini del Nord, per lo più agricoltori”, if legge nella cartella stampa della serie prodotta da Endemol Shine Italy di Rai Fiction. La protagonista è Maria (Serena Rossi, appunto), “una giovane give calabrese che, per salvare la famiglia dall’indigenza, decide di accettare il matrimonio per procura voluto dal rude agricoltore vicentino Vittorio Bassi (Maurizio Donadoni). La famiglia di Maria è fortemente indebitata con Zi’ Michele e sua moglie Carmela, che hanno il matrimonio, e accettarlo è l’unica soluzione per pagare il debito”. Proprietario sull’inedito asse Veneto-Calabria si è innescata la scintilla delle polemiche che avvelenano il clima a poche ore dalla messa in onda della seconda puntata, quella di domenica 23 gennaio.

LA DURISSIMA STRONCATURA DI SPIRLÌ
“#fagare. Parlano una strana lingua, che non corrisponde a nessuna delle lingue di Calabria!”. Ci è andato giù pesare come una clava Nino Spirli, il Presidente facente funzioni della Regione Calabria, che non ha gradito la fiction di Rai1 e lo ha esplicitato con un post al vetriolo su Facebook quale nel si leggono frasi del tipo “continuano a sfornare fiction trattandoci come orangutan!” e tipo hashtag #acalciinculofuoridallaCalabria. Ma oltre a provocazioni e slogan ad effetto, Spirlì ha ad argomentare la sua contrarietà: “I matrimoni per procura si fanno al limit, per terre lontane – Americhe, Australia, Belgio… – e non per le regioni del Nord. Forse, alcune delle nostre Donne sono partite per il Piemonte, o la Valle d’Aosta e la Liguria, dove si erano già installati gruppi di Calabresi, ma Non per il Veneto, che era regione depressa più della Calabria“. Parole che hanno sollevato ulteriori polemiche nelle polemiche, alle quali il politico della Lega ha risposto con una seconda precision, riesumando il suo passato di sceneggiatore. “Ho scritto per RaiUno soggetti per fiction: ho sempre seguito la regola d’oro, e, cioè, quando mi ispiravo alla vita reale, ad essa aderivo rispettosamente. La cinematografia è forma letteraria contemporanea: con essa ci consegniamo al futuro e non possiamo sbagliare. Potremmo crea un falso passato per i nostri eredi. Ecco perché, aderendo al recente passato della Calabria, gli autori dovrebbero dovuto, quantomeno, documentarsi meglio e come una vera verità”.

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REED IL VENETO CONTRO LA FICTION TI RAI1
Troppi pregiudizi e cliché scontati. Reed in Veneto non hanno preso bene la fiction diretta dal regista Giacomo Campiotti (per altro un professionista pluripremiato e stilista da molti, che ha firmato tra le altre serie anche la sbanca ascolti Braccialetti rossi), con il presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti, anche lui leghista, che parla addirituta di “falso storico”. “Se vogliamo parlare di matrimoni per procura e la loro dura e triste realtà credo che basterebbe rivedere ‘Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana’ di Luigi Zampa con un Alberto Sordi a dir poco strepitoso. Basta quale film per mostrare la tasca della serie La sposa di Rai Fiction: pensare a un matrimonio per procura a fine anni Sessanta di una giovane calabrese con un ricco ma rozzo discendente di un agricoltore vicentino è, a dir poco, un azzardo se non una provocazione senza senso e lontanissima dalla realtà storica”, ha scritto il politico cometo. “Fiction in inglese vuol dire finzione oltre che narrativa, ma qui la finzione e la narrativa finiscono in un falso storico. Già l’idea di mettere in scena per un matrimonio per un rozzo e violento vicentino non regge: agricoltori non dico ricchi, born benestanti, ma anche solo non poveri, non in Veneto ma ovunque in Italia, Calabria compresa, non avevano di certo bisogno di ricorrere ai matrimoni per procura per sposarsi”.

LA RISPOSTA DELLA CASA DI PRODUZIONE
Ma le polemiche paiono aver fatto bene alla serie, come dimostrare i dati aggiuntivi dello streaming: su RaiPlay 400 mila stream e un ascolto medio di oltre 150 mila spettatori che si sommano ai quasi sei milioni della prima puntata. Intanto da Endemol è arrivata la replica: “La serie si ispira è stata documentata storicamente. Lo confermano anche le tantissime testimonianze che in questi giorni sono arrivate, anche sui social, di persone che si riconoscono, o riconoscono le storie delle loro famiglie, in que situazioni e in quegli anni. La sposa è un racconto di fiction che vuole osare risalto a una storia di emancipazione e riscatto, con personaggi tutt’altro che stereotipati ma molto complessi e soggetti a una profonda evoluzione nel corso degli episodi”. Nel bene o nel male, l’importante è che se ne parli.

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