“Doppio vaccino o niente lavoro”. Confindustria fa pressioni sul governo

il passaggio verde contrastare la ripresa dei contagi non divide solo il governo, ma sconvolge anche i sindacati professionali, già sensibilizzati dalla polemica sulla fine della cassa integrazione tranne che in tre settori. Con posta interna, il direttore generale della Confederazione degli Imprenditori, Francesca Mariotti, ha scritto nei giorni scorsi alle imprese associate per informarle dei colloqui avviati con il governo, sulla base della possibilità di sollecitare dipendenti per la certificato verde digitale Covid-19 al fine di garantire un ambiente di lavoro salubre.

E nel caso in cui il dipendente non lo facesse, potrebbe essere cambio di funzioni o sospeso con effetti sulla compensazione. In queste ore febbrili – domani la cabina di regia convocata da Palazzo Chigi esaminerà i contenuti della bozza di decreto verde all’esame del Cdm – una posizione così dirompente alimenta il fuoco in quanto si aggiunge alle demarcazioni che direttamente dalle aziende , comprese le ferrovie ad alta velocità, influenzano le decisioni che il governo Draghi dovrà prendere per far fronte all’aumento dei contagi.


La proposta per limitare i punti positivi in ​​azienda

“Sebbene la campagna vaccinale abbia finora registrato un buon andamento – scrive l’amministratore delegato dell’associazione degli imprenditori in una comunicazione che, secondo le intenzioni, avrebbe dovuto essere mantenuta riservata – molte aziende associate hanno segnalato la presenza di percentuali costanti di lavoratori che scegliere liberamente di non essere sottoposto al vaccinazione anti-Covid, esponendosi di fatto ad un maggior rischio di contrarre il virus e alla pluralità di soggetti con cui entrano in contatto diretto o indiretto condividendo in maniera continuativa gli ambienti di lavoro”.

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La preoccupazione dell’associazione dei datori di lavoro è quella di mettere una rete di sicurezza su tutti i lavoratori impegnati “nell’esecuzione dei processi produttivi, nel pieno rispetto delle libertà individuali”. È per questi motivi che “Confindustria ha proposto l’estensione dell’utilizzo delle certificazioni verdi per l’accesso ai contesti aziendali/lavorativi, avviando un confronto con il governo in vista di una soluzione normativa in tal senso”.
Mariotti dà la sua interpretazione della proposta destinata a sollevare interrogativi, non solo tra i no-vax. “L’intenzione – scrive – è quella di consentire ai datori di lavoro di richiedere l’esibizione di una valida certificazione verde al fine di regolamentare l’ingresso nei luoghi di lavoro e/o lo svolgimento delle funzioni lavorative di soggetti diversi”.

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L’associazione degli imprenditori ricorda “che la presentazione di un certificato verde in corso di validità deve far parte degli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui si basa il rapporto di lavoro”. Per tali ragioni, quali “il datore di lavoro, per quanto possibile, potrebbe affidare al lavoratore mansioni diverse da quelle normalmente svolte, pagando la relativa retribuzione; qualora ciò non fosse possibile, il datore di lavoro dovrebbe poter rifiutare l’ammissione al lavoro, con sospensione temporanea della retribuzione in caso di recesso dall’azienda”.

Immediata la reazione dei sindacati che, pur ricordando l’importanza dei vaccini, si sono già detti contro il controllo in una situazione in cui il vaccino non è obbligatorio. Tuttavia, secondo Michel Martone, ex viceministro del Lavoro e professore alla Sapienza di Roma, il lavoratore che sceglie di non vaccinarsi può essere sospeso dal lavoro e pagare senza perdere il posto, dopo aver verificato se è possibile esercitare la sua attività. da casa o se è possibile assegnarlo ad altri compiti “protetti”. Si attende il parere del governo.

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