Il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni afferma (26/10) che le Leggi razziali del 1938, dirette contro gli ebrei italiani, sono considerate “un punto di minimo assoluto nella storia italiana”. È sicuramente un punto basso, ma è anche il punto basso assoluto? L’Italia ha combattuto diverse guerre dal 1936, in cui molte vittime sono state causate da atti di guerra, ma anche da crimini di guerra. Durante la conquista dell’Abissinia (Etiopia) nel 1935-36, 4.350 italiani furono uccisi, ma non si conosce il numero esatto degli etiopi uccisi, le cifre variano da 60.000 a 250.000. Segue l’Albania (1939), l’attacco alla Grecia e combattendo con i tedeschi in Jugoslavia (1941-43) e in Unione Sovietica (1941-43).
Dopo l’introduzione delle leggi razziali, gli ebrei in Italia furono messi in difficoltà, furono banditi i matrimoni con non ebrei, furono banditi dal servizio governativo e non fu più possibile studiare all’università. Tuttavia, queste leggi portarono a numerose proteste nel mondo accademico e negli affari e papa Pio XI condannò apertamente la politica razziale. Seimila dei 57.000 ebrei lasciarono l’Italia in quel momento. Tuttavia, le deportazioni iniziarono solo nel settembre 1943, durante l’era della Repubblica Sociale Italiana, lo stato di groppa costituito dal centro e nord Italia, creato dopo l’invasione alleata della Sicilia nell’estate del 1943. Ottomila ebrei furono deportati, di cui sopravvissero solo ottocento.
Edam
Una versione di questo articolo è apparsa anche sul giornale il 31 ottobre 2022
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