Tanti euro per i Benetton

C’è un prezzo, economico e politico, che il governo è disposto a pagare se trattativa esclusiva tra Cassa Depositi e Prestiti e Atlantia dovrebbe concludersi con un accordo sul futuro di Autostrade. Questo è il prezzo dell’uscita della Benetton. Quello va bene nella lunga e travagliata notte del 14-15 luglio questo non è più valido. E il conto per Conte e la sua gente ora è molto più pesante. Perché ora le parti stanno discutendo la cessione dell’88% della società autostradale alla Cassa e ad altri investitori e questo schema ha un impatto che cambia l’esito di una partita che si trascina dal crollo del ponte Morandi a Genova. La ricaduta: i soldi che la Banca dovrà mettere nel piatto finiranno nelle casse di Atlantia, di cui i Benetton detengono il 30%. E questa volta, a differenza di tre mesi fa, non c’è divieto di distribuire questo denaro tra i membri.

Dobbiamo partire dalle garanzie che il governo ha pensato fossero state date e celebrate per capire come le cose stanno per cambiare. Nella lettera di impegni di Atlantia del 14 luglio, quella che ha costituito la base dell’accordo con l’esecutivo, viene indicata una doppia opzione per sancire il passaggio delle autostrade dal controllo dei Benetton a quello dello Stato. Il primo, come mostra il testo della lettera che Huffpost è in grado di pubblicare in esclusiva, progetta un aumento di capitale in Autostrade “Riservato a beneficio di un soggetto con partecipazione statale (Cassa Depositi e Prestiti), nel rispetto dei diritti degli azionisti di minoranza, al fine di consentire l’acquisizione di un totale post aumento di capitale al 33% (auspicabilmente per la 30 settembre 2020). In pratica, un aumento di capitale, riservato alla Cassa, per portarlo in Autostrade. Quindi senza trasferire denaro dalla Cassa ad Atlantia e poi a Benettons. La seconda fase del programma mostra che Atlantia vende parte delle azioni di Autostrade “Agli investitori istituzionali, approvato dalla Cassa Depositi e Prestiti” in modo che questi investitori abbiano il 22% di Autostrade nelle loro mani. Aggiunto al 33% della Cassa, la maggioranza e il controllo dell’azienda cambiano volto. In questo caso c’è un trasferimento di denaro, ma sono gli investitori, e non lo Stato, a pagare e comunque, come si dice nella stessa lettera, “Atlantia si impegna al riguardo a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi”. In pratica il denaro va dagli investitori ad Atlantia, ma la società non può distribuirlo ai suoi azionisti. Quindi nemmeno un euro in Benettons.

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Il giorno dopo l’accordo, Luigi Di Maio si è liberato un’intervista al Corriere della Sera. Domanda: “Con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti e dei nuovi soci, anche se indirettamente sarà lo Stato a creare le condizioni per la partenza della famiglia Benetton. Parliamo di una cifra di almeno 4 miliardi. Va bene? Risposta: “Ma non è così, perché l’uscita si fa con un aumento di capitale dedicato alla Cassa depositi e prestiti. E Cdp mette i soldi in Autostrade non li dà ad Atlantia. Lei non compra. nulla ad Atlantia e nel contempo Autostrade per l’Italia si impegna a non distribuire dividendi. ”Al netto di errori (il divieto di distribuzione dei dividendi è detenuto da Atlantia e non da Autostrade), l’esultanza del ministro è stata sostenuta dal regime sinora menzionato.

Ma ora il nuovo modello di vendita dell’88% di Autostrade ribalta quel ragionamento. I Benetton non avranno più il controllo della società e questo è un dato che resta perché la nuova Autostrade sarà nelle mani della Cassa e di altri investitori. Leggi le 5 stelle da un punto di vista politico e in generale il governo può continuare a dire che i Benetton non percorreranno più le autostrade. Ma per fare in modo che Cassa abbia in mano il pallone della nuova società, occorre riacquistare una quota di controllo dell’88% che sta acquistando con altri investitori (i nomi più accreditati sono quelli dei fondi Blackstone Macquarie).

Prima di tutto – e questo è il prezzo economico menzionato all’inizio – bisognerà capire quanti soldi verranno messi nel piatto dal cassiere. Nelle ipotesi iniziali, l’aumento di capitale avrebbe comportato una spesa di circa 3-4 miliardi. Il prezzo per la cessione di Autostrade non è ancora fissato (gli analisti lo stimano intorno ai 10 miliardi), ma i soldi che CDP dovrà pagare potrebbero essere più consistenti di quelli richiesti per l’aumento di capitale. In tutti i casi, c’è un prezzo e il prezzo deve essere concordato tra le parti. Quindi anche Atlantia, e quindi anche i Benetton, dovranno mettersi d’accordo sul giusto prezzo.

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La seconda considerazione – e questo è il prezzo politico – è che qualunque sia l’importo, i soldi che il cassiere mette sul piatto finiranno nelle casse di Atlantia. Solo in questo caso si tratta di una vendita e non vi è alcun divieto di distribuzione di dividendi. Il prodotto potrà poi essere distribuito agli azionisti e quindi anche a Benettons. È vero che Atlantia stessa potrebbe decidere di tenere per sé la raccolta e lasciare gli azionisti senza un euro per alleggerire il peso del proprio debito, ma la decisione spetta al consiglio di amministrazione. Può accadere perché non può accadere. E in ogni caso, se Atlantia decidesse di tenere le risorse al sicuro e poi ridurre il debito utilizzando i soldi in banca, varrebbe di più. Il valore dei suoi membri è quindi anche più alto. E così anche i Benetton, che attraverso la società Edizione detengono il 30% di Atlantia. È vero che senza Autostrade in pancia il valore di Atlantia diminuirebbe e quindi l’utile positivo della Benetton potrebbe essere nullo perché bilanciato da una perdita, ma è uno scenario che è affidato ai mercati. E i mercati giocano secondo le loro regole.

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